La verità è l’invenzione del bugiardo

Di Giuseppina Tratta

Capita che le persone si sentano ferite dalle parole .

“Ne uccide più la lingua che la spada” Il famoso detto contiene, come spesso accade nella saggezza popolare, uno dei principi fondamentali della comunicazione.

Le parole sono come valige, sta a noi renderle piene o vuote, pesanti o leggere.

Ieri una signora mi ha raccontato di essere a una cena con molti conviviali ed ascoltando le parole di una persona a cui teneva molto, mi disse di aver sentito un disagio molto forte, una sorta di nausea ed un desiderio repentino di andarsene. Non capiva il perché, ascoltava solo quello che il corpo le diceva. Fa parte delle persone che “capiscono” a scoppio ritardato, prima sentono, e poi, con una tempistica di circa ventiquattro ore, realizzano. Le parole che l’hanno ferita esattamente sono state “ tu non ami uscire perché sei vecchia, e la vecchiaia porta ad essere pigri”. Era certa che non fosse la parola vecchia a crearle il fastidio, è molto fiera della sua età, perché gli anni le hanno permesso di sperimentare, vivere e conoscere.

Ma allora cosa era? Dopo ventiquattro ore ecco risolto l’arcano: il giudizio intrinseco in quelle parole.

Questa donna ha molte passioni, la maggior parte delle quali si esauriscono nelle mura della sua casa. Ha la passione per la cucina, per il giardinaggio, per la cultura, ama appassionatamente i suoi figli e il marito, ama godersi un buon film mollemente abbandonata sul divano, ama scrivere ed ascoltare musica, guardare i suoi esperimenti botanici sbocciare…Ama il silenzio. E questa persona, che la conosce da sempre, vedeva di lei solo una cosa, il fatto che non amasse uscire. Non vedeva nulla della signora, vedeva solo il suo giudizio in virtù di ciò che era il parametro di un’esistenza perfetta secondo il suo punto di vista. Questo ha generato la profonda tristezza che il suo corpo ha segnalato con estrema puntualità.

A volte provo una certa invidia per le persone così certe di cosa sia giusto e sbagliato: io non lo so quasi mai.

Immagino sia infinitamente rilassante sapere con assoluta certezza cosa si debba fare e cosa non si debba fare, in ogni frangente; io annaspo appena cercando di capire cosa potrebbe essere dannoso e cosa sano. La definizione di giusto e sbagliato è strettamente legata al concetto di verità: per i latini la parola veritas significa “regola, norma” , “ciò che può essere provato: di conseguenza è un concetto legato alla morale ed anche al potere.

Chi definisce le regole? Di norma il più forte.

A questo automaticamente possiamo agganciare il significato di “morale” e le implicazioni ad essa legate. Rispettare la morale significa seguire le regole dettate da qualcun altro e pertanto evitare la responsabilità di scegliere; ricordando che le regole vengono stabilite , il più delle volte, da chi ha il potere , e che il potere è prerogativa di chi non si fa alcuno scrupolo per ottenerlo – altrimenti non lo avrebbe – viene da pensare che non solo, seguendo la morale, non dobbiamo scegliere, ma con ogni probabilità si creeranno tutta una serie di circostanze per le quali non potremmo nemmeno farlo.

Molto diverso è considerare il concetto di giusto e sbagliato dal punto di vista etico. L’enorme differenza tra l’etica e la morale è che la prima necessita di una assunzione di responsabilità. Noi dobbiamo scegliere ed ogni scelta porterà la nostra vita in una direzione o nell’altra.

Heinz Von Foester, padre del costruttivismo, ha così definito il suo imperativo etico: “Agisci sempre in modo da aumentare il numero delle tue scelte”, che significa costruisci una tua realtà il più possibile variegata, nutrila di ogni esperienza che ti possa arricchire ma non dimenticare mai che la tua libertà finisce dove inizia quella dell’altro, che la tua gioia non può generare sofferenza, che la luce della tua essenza deve illuminare e non può bruciare chi ti sta intorno.

In inglese la parola “verità” si traduce “truth”, che deriva dal termine sassone Treowthu che significa “fede”: una cosa è vera perché ho fiducia in chi parla, perché mi “affido”. Sulle implicazioni di questo significato non mi dilungo, lascio al lettore la scelta di rifletterci o meno, perfettamente consapevole che – come dice il principio di indeterminazione di Heisemberg un battito di ali di farfalla sul lago di Garda può provocare uno tsunami a Tokio.

“Caso e necessità riflettono alcune nostre capacità, e non quelle della natura.” – Heinz Von Foerster