La gratitudine

Di Giuseppina TrattaVenerdì 25 maggio 2012 alle ore 11:21

Un’anima delicata è angustiata dal sapere qualcuno obbligato a ringraziarla; un’anima gretta, dal sapersi obbligata a ringraziare qualcuno.
 
Friedrich Nietzsche, Umano, troppo umano, 1878

Tempo fa scrissi un articolo sulla generosità. Mi piacque molto scriverlo, perché sapevo sarebbe stato un velato ringraziamento a tutte quelle persone che mi avevano in qualche modo aiutato.

Mi sono ritrovata, in questi giorni, a riflettere su quanto ringraziare potesse fare sentire più leggeri i cuori, alla valenza propedeutica di questo atto così raro, e ho scoperto che alcuni studiosi ci avevano pensato prima di me.

Emmons e McCullough, nel 2003, fecero uno studio scientifico su come incrementare la felicità. Essi rimasero sorpresi nello scoprire che questo poteva accadere mediante un semplice esercizio sperimentato su un campione di persone: i soggetti erano invitati a scrivere cinque cose per le quali potevano sentirsi grati a settimana; questo per dieci settimane consecutive. Il risultato fu sorprendente: chi aveva svolto il compito era  risultato essere il 25% più felice rispetto al gruppo di controllo che non lo aveva svolto.

Lyubomirsky compararò  lo “sperimentare gratitudine” tre volte alla settimana con il provarlo una sola volta. Il risultato dimostrò che erano stati significativamente più felici questi ultimi.

Seligman, Steen, Park e Peterson, nel 2005, svolsero uno studio su un campione rappresentativo di soggetti depressi. Li seguirono facendogli fare un semplice esercizio di gratitudine per sei mesi, e verificarono che erano più felici e meno depressi.

Io non ho condotto uno studio scientifico, ma essendo una Gestaltista ho osservato il fenomeno che si propagava nel mio corpo nel momento stesso in cui ringraziavo per i doni ricevuti: e quello che ho sentito è stata una sensazione che si estendeva dal diaframma al cuore, una cosa molto simile alla gioia pura che si prova quando si è innamorati, o , immagino, quando ci si sente in uno stato di grazia mistica.

Quando ero ragazzina canticchiavo spesso, a volte anche inopportunamente, una canzone religiosa il cui ritornello diceva esattamente così: « Ti ringrazio mio Signore, non ho più paura, perché, con la mia mano nella mano degli amici miei, cammino fra la gente della mia città e non mi sento più solo; non sento la stanchezza e guardo dritto avanti a me, perché sulla mia strada ci sei Tu. ». La cantavo a squarciagola ed ero felice; non sapevo perché, ma era una sensazione di forza, di centratura che mi faceva stare bene. In realtà quel piccolo gesto mi permetteva di unire due delle più potenti azioni che ci è dato di impiegare per sentire immediatamente un beneficio terapeutico:  il canto (meglio se a squarciagola) e il  ringraziamento.

Gli americani hanno fatto del ringraziamento una festa nazionale, ed è un momento di convivialità e di incontro, un momento di condivisione. Chi non “ringrazia” è automaticamente un reietto, una persona sola, addirittura un fallito. E questo è veramente buffo perché per molte persone il dover ringraziare è sinonimo di fallimento: se devo ringraziare è perché ho dovuto ricevere e se ho dovuto ricevere è perché non ho saputo arrangiarmi; ergo, sono un fallito.

In realtà, a mio avviso, il vero fallito è colui che non ha nessuno da ringraziare, né un fratello, né un amico, né un amore, neppure Dio. Chi non ha da ringraziare nessuno è irrimediabilmente solo. Conosco alcune persone  in questa condizione e mi fanno profondamente pena. A primo acchito sembrerebbero “arrivati”, furbi e autosufficienti al punto di non dover ricorrere all’aiuto di nessuno. Ma, alla lunga però, anche loro avranno bisogno, e i loro soccorritori si chiameranno sonniferi, anti depressivi, alcool o stupefacenti. Aiuti che auguro a tutti di non dover ringraziare mai.

Vi propongo un esercizio: chiudete gli occhi e pensate a una persona, una persona precisa che vi ha donato qualcosa e ringraziatela. Magari fatelo davvero, prendete il telefono o andate a trovarla. Gustate il sapore di questo gesto e tenetelo nel cuore il più possibile: il risultato sarà stupefacente.

Un applauso a te che sei convinta di farmi del male… è vero, ho sofferto, ma grazie a te adesso sono una persona migliore… e ti ringrazio, perché al mondo so  per certo che c’è qualcuno migliore di te. 

Anonimo