Il potere della vittima

Di Giuseppina Tratta

Chi è nell’errore compensa con la violenza ciò che gli manca in verità e forza.
Johann Wolfgang von Goethe

È stato molto difficile per me scrivere questo articolo. Ho scritto e cancellato più volte le frasi, ho rivestito di mille abiti i concetti che tanto chiari sono nella mia mente, ma che l’estremo pudore con il quale mi avvicino ad essi dipinge di ineffabilità. Dopo unghie torturate, lacrime ricacciate e sospiri trattenuti ho deciso di dire la verità, così com’è, quella verità che le protagoniste di questo articolo troppo spesso trattengono nel silenzio di un dolore lancinante.

Ho incontrato nel mio cammino nel mondo del dolore psicologico molte donne che non riuscivano ad uscire dalla spirale della violenza. Alcune di loro ce l’hanno fatta con l’aiuto delle strutture di primo soccorso e delle case di accoglienza, altre hanno ritrovato la forza in un supporto psicoterapeutico, altre, troppe, sono incastrate nella gabbia dei maltrattamenti.

Il rapporto vittima carnefice è un rapporto esclusivo, fatto di riti ancestrali e legato a strategie acquisite quando ancora non si era in grado di distinguere ciò che era giusto e ciò che era sbagliato. L’adulto violento con ogni probabilità ha imparato, spesso a sue spese, che la violenza era l’unico modo per comunicare, in seguito, con l’età adulta, si è inebriato del potere che la paura negli occhi della sua vittima gli dava e quindi ne è diventato a sua volta schiavo.

Ed è in questo che si cela il segreto per interrompere la catena di violenze: il vero potere è quello della vittima, poiché nel momento in cui decide di non esserlo più priva totalmente il carnefice della sua identità, che si  ritrova così svuotato e totalmente privo di autostima.

Decidere di uscire dalla condizione di vittima è una scelta per la quale diventa necessario attingere a risorse inimmaginabili, un coraggio che è stato minato da anni di botte e ingiurie, per questo è necessario essere supportati dalle strutture di cui si parla nella lettera.

La cosa che sempre mi ha colpito quando sono entrata in contatto con il personale di queste strutture, e che sovente non viene riconosciuta per il valore che ha, è la totale sospensione di giudizio che si legge negli occhi di chi ci accoglie: una sensazione di comprensione totale, senza domande, senza giustificazioni.

Le donne che subiscono violenza, fisica o psicologica, passano le giornate a rispondere a domande che non prevedono una risposta sensata, si raccontano sbadate, a volte cattive, non di rado si sente la frase “me lo sono meritato, l’ho fatto innervosire”,diventa così normale accedere alle menzogne per riuscire a dare un senso a quello che accade che finiscono per crederci loro stesse. Ed allora il carnefice avrà vinto.

Non esistono buoni motivi per essere picchiati. Non esiste un motivo plausibile che permetta ad un essere umano di ferirne un altro.

NON ESISTE L’AMORE VIOLENTO. Esiste solo la violenza, che nasce dall’averla subita, dall’essersene nutriti fin da bambini, dal ritenerla l’unica strategia utile al raggiungimento dei propri obiettivi.

La  violenza fisica è solo un aspetto del fenomeno del maltrattamento che si manifesta attraverso strategie di controllo (studio Daniela Carotenuto 2007)  diversificate, quali:

 

Violenza psicologica

Il partner, attraverso manovre sottili di potere, mina la possibilità della donna di riconoscersi come soggetto altro da lui, alterandone le percezioni e il senso di sé.

Alcune donne riferiscono che il partner ha sempre un’espressione di sopportazione e di disprezzo quando loro parlano di qualcosa; altri uomini fanno il vuoto intorno alla compagna, isolandola dal suo contesto sociale e affettivo, o sorvegliandola in continuazione, oppure la fanno sentire impotente e insicura e la portano a dubitare  delle proprie sensazioni e delle proprie certezze (interpreta i pensieri di lei secondo il suo codice personale); altre volte il maltrattamento può assumere forme meno subdole sempre giustificate da presunte colpe della compagna: offese, insulti, ingiurie e accuse non suffragate da fatti, ma comunque punibili agli occhi del maltrattante. Ci sono partner che sembrano solo capaci di dare ordini che vanno eseguiti all’istante o che mettono in atto strategie di controllo mirate a far sentire in colpa e a svalutare la compagna. (studio Carotenuto 2007)

Stalking 

Lo stalking è un fenomeno diffusissimo negli esiti delle relazioni con maltrattamento in quanto il partner violento non vuole rinunciare alla sua preda anche se la tormenta; rappresenta l’ultimo contatto che riesce a stabilire con la sua vittima. Il maltrattante ha “bisogno” di provocare nella compagna disagio e malessere e tale bisogno riflette un’impossibilità degli uomini abusivi di maneggiare sentimenti che non siano estremi. (studio Carotenuto 2007)

Violenza Economica

La violenza economica costituisce un’altra strategia di potere e controllo da parte dell’uomo.

Nonostante attualmente le donne che si rivolgono ai Centri siano per la maggior parte occupate, esse si trovano costrette a versare tutto il loro guadagno su un c/c cointestato, nei casi migliori, o addirittura intestato solo al compagno, che non rende mai conto dell’uso fatto del denaro. (studio Carotenuto 2007)

Violenza Sessuale

La violenza sessuale all’interno di una relazione di coppia è poco riconosciuta, poiché, nell’immaginario comune, si pensa ad essa come qualcosa che avviene ad opera di sconosciuti (lo si confonde con lo stupro), sempre all’esterno di una relazione affettiva.

Secondo le ricerche nord-americane, almeno una donna su dieci è stata violentata dal marito.

Dati raccolti in una delle prime ricerche in Italia sulla violenza sessuale e sulla cultura degli operatori socio-sanitari rivelano che: il 58% degli operatori ritiene che siano i problemi psicologici delle donne a scatenare i comportamenti violenti nei maschi; il 32% che le donne subiscano perché masochiste; e il 68% è favorevole alla prescrizione di psicofarmaci.

L’uomo può imporre alla donna il rapporto sessuale o un certo tipo di rapporto, con ricatti economici, affettivi o che riguardano i figli; può stuprarla dopo le botte davanti ai bambini, può costringerla a fare foto pornografiche o a prostituirsi.

I dati raccolti dai Centri Antiviolenza e dalle Case delle Donne riportano che la maggior parte delle violenze sessuali avviene all’interno delle mura domestiche, non solo ad opera di mariti o partner, ma anche da conoscenti con i quali le vittime avevano rapporti di fiducia. (studio Carotenuto 2007)

I dati sopra riportati ci danno una idea precisa della mostruosità davanti alla quale troppo spesso tutti, parenti, amici, istituzioni, chiudono gli occhi. La decisione spetta alla donna ma dobbiamo allungare una mano ed offrire un poco della nostra energia perché questo possa avvenire, altrimenti l’autostima bassissima e lo stillicidio continuo non darà a queste creature alcuna possibilità di uscire da una situazione che non può fare altro che peggiorare.

E quindi decidiamoci a guardare ed a vedere quello che accade: io mi sono ripromessa di farlo sempre, a qualsiasi costo ed a rischio di sbagliare. Preferisco affrontare i miei errori piuttosto che permettere che una vita venga violata senza  avere fatto nulla.

Vorrei lanciare un messaggio alle persone per le quali questo articolo risuonerà molto familiare, insinuare un piccolo pensiero: usate il Vs potere, senza una vittima il carnefice smette di esistere.